Purtroppo, con sempre più frequenza, veniamo a conoscenza dai giornali e dalla televisione di infauste circostanze nelle quali i cittadini italiani si trovano vittime di malasanità. Che sia per negligenza, per un mero errore umano, per diagnosi errate o per terapie sbagliate, chi ha avuto la sfortunata sorte di incorrere in questa casistica ha riscontrato sulla propria pelle o su quella di qualcuno di caro gravissimi danni, spesso addirittura irreversibili. Augurandoci di non capitare mai di essere vittime di un caso di malasanità, vogliamo fornire tuttavia una serie di informazioni utili su come muoversi nel caso ci si trovasse ad affrontare questa spiacevole situazione.
Come richiedere un risarcimento per malasanità
Prima di verificare la buona prassi da seguire per chiedere e ottenere un risarcimento per malasanità, occorre fare una premessa doverosa.
In linea di massima, ogni qualvolta un paziente vede peggiorare il proprio stato di salute a seguito di un ricovero o di una terapia medica, si parla di errore sanitario. Tuttavia, è pur vero che in una grossa percentuale di questi casi il peggioramento dello stato di salute del paziente è imputabile a condizioni imprevedibili al momento dell’intervento del personale sanitario e pertanto, non sono circostanze riconducibili a errori sanitari. Premesso questo, permane invece una grossa fetta di pazienti che invece è vittima di un intervento incongruo di terapie ascrivibili alla fattispecie dell’errore sanitario.
Proprio in questi frangenti il danno medico che il paziente riporta è suscettibile di risarcimento.
Per richiedere e successivamente ottenere un risarcimento per malasanità, come prima cosa, è necessario che il paziente dimostri la presenza della lesione alla propria salute e il tangibile peggioramento di salute, imputabile al personale medico.
Per dimostrare di essere incorsi in una circostanza di malasanità è necessario raccogliere tutta la documentazione utile ad accertare l’aggravamento delle condizioni del paziente e a ricostruire l’accaduto. In altre parole occorre procedere documentando tutto:
- cartelle cliniche;
- risultati delle analisi svolte;
- ricevute delle prestazioni mediche effettuate;
- lastre, certificati, piani terapeutici, ecc.
Più documentazione si riesce a raccogliere più facile sarà ricostruire il caso clinico.
Tutta la documentazione raccolta dovrà essere poi presentata a un avvocato specializzato nel settore della sanità.
A questo punto, una volta che sarà entrato in gioco l’avvocato, sarà quest’ultimo a procedere chiamando in causa un consulente specializzato nel trattamento di patologie specifiche e di cui il paziente soffre. A questo punto al consulente verrà fatta analizzare tutta la documentazione che, confrontando le carte con lo stato attuale di salute del paziente sarà in grado di accertare l’eventuale correlazione tra intervento medico e il danno subito dal paziente.
Accertare l’esistenza di questa correlazione è fondamentale per stabilire il concorso di colpa da parte del personale medico e quindi per richiedere il risarcimento spettante al paziente. Nel caso in cui la perizia desse esito positivo e venisse accertata l’esistenza del danno sanitario allora l’avvocato procederà nel seguente modo:
- Richiesta di risarcimento mediante lettera indirizzata al medico e alla struttura affinché sollecitino le compagnie assicuratrici a fornire un’offerta risarcitoria;
- Formulazione offerta risarcitoria.
In caso di mancato raggiungimento di un accordo la parte lesa ha la facoltà di:
- Decidere se passare a un processo sommario di cognizione, al quale dovranno partecipare eventualmente tutte le parti in gioco, compagnie assicurative comprese;
- Avviare un procedimento di mediazione che prevede l’intervento di un mediatore che, valutando la situazione, proporrà una soluzione economica che potrà essere accolta o respinta.
Quanto tempo ci vuole per ottenere un risarcimento o una risposta per malasanità?
A seconda delle alternative che si prendono in considerazione i tempi del risarcimento possono cambiare.
Avviando il procedimento mediante presentazione della diffida da parte dell’avvocato, la struttura sanitaria dovrà procedere con il pagamento del risarcimento, una volta sentito il parere delle compagnie assicurative coinvolte. Si tratta della circostanza più veloce tuttavia è anche la circostanza più rischiosa poiché potrebbe accadere che le parti coinvolte prendano tempo e non diano seguito alla richiesta di risarcimento. In questo caso è difficile quantificare le tempistiche occorrenti. Potrebbero volerci pochi mesi, come diversi anni.
Tuttavia è possibile avere un quadro di stima generale:
- La diffida stragiudiziale prevede un ultimatum che va dai 7 ai 15 giorni. Nel caso in cui la vertenza fosse accolta l’azienda e le assicurazioni coinvolte provvederanno a risarcire il paziente leso inviando una quietanza in tempo brevi, compresa tra i 90 e i 180 giorni (sempre che non vi siano contestazioni e se il caso e di facile risoluzione);
- La consulenza tecnica prevede invece, secondo legge, che il termine massimo per concludere il procedimento sia di 6 mesi, termine che inizia dal momento in cui viene depositata istanza di ricorso. Mediamente, un processo di moderata complessità dovrebbe risolversi entro 1 anno/1 anno e mezzo;
- Il processo prevede invece tempi molto più lunghi che vanno da un minimo di 3 fino addirittura a 5 anni. Anche in questo caso le variabili in gioco dipenderanno dalla rapidità del tribunale e dalla complessità della materia.
Casi di malasanità per morte e danni fisici permanenti: esempi di quando viene accolto il ricorso per malasanità
Da quanto abbiamo visto, quindi, per ottenere un risarcimento per malasanità occorre dimostrare che esiste correlazione tra l’intervento medico e il danno subito. Naturalmente l’entità del risarcimento è correlata alla gravità dell’infortunio che, nei casi più gravi culmina con la morte del paziente.
In altri casi invece, quando non si riesce a dimostrare questa correlazione, il ricorso e quindi il risarcimento vengono respinti.
La condotta colposa che comporta malasanità avviene nei seguenti casi.
Negligenza
Si tratta di una condotta che comporta superficialità, disattenzione, incuria, omissione di attività doverose. In questi casi, ad esempio, il personale sanitario omette di effettuare prelievi necessari a fare la corretta valutazione diagnostica oppure somministra un farmaco senza le dovute attenzioni provocando danni irreversibili se non addirittura la morte del paziente.
Imprudenza
Si riferisce alla condotta avventata del medico che pur consapevole dei rischi di una determinata pratica medica decide comunque di sottoporre il paziente a quella determinata cura. Potrebbe essere ad esempio il caso di una operazione chirurgica condotta a rischio e pericolo del paziente dove il medico ha sottovalutato le conseguenze dell’operazione che può comportare un danno irreversibile se non addirittura fatale al paziente.
Imperizia
Si tratta della condizione di colpa nella quale sono ascrivibili tutte quelle circostanze nelle quali si verifica un danno a carico del paziente dipeso dalla poca esperienza del medico o dall’inadeguata formazione dell’operatore sanitario. Molto spesso si verifica la condizione di imperizia quando a personale non autorizzato viene richiesto l’esercizio di mansioni che non sono tenuti né qualificati a svolgere.