La domanda è sempre la stessa: se si ha a disposizione una somma di denaro e non la si intende spendere subito, è meglio tenere i soldi sotto il materasso o versarli in un deposito bancario? E quali sono quelli che convengono di più? Cerchiamo di fornire alcune risposte, analizzando l’impatto della situazione economica attuale su questo tipo di prodotti.
Tassi di interesse e convenienza dei depositi bancari
A seguito della diminuzione dei tassi d’interesse, il rendimento dei conti deposito si è notevolmente ridimensionato nel corso degli ultimi dieci anni, scendendo in alcuni casi persino sotto la soglia dell’1%. E non si prospetta un immediato cambiamento di rotta: la Banca Centrale Europea dovrebbe proseguire con la politica del cosiddetto “Quantitative Easing” (ossia l’immissione di liquidità nel sistema bancario) fino al marzo 2017, decisione che, insieme al livello di inflazione ai minimi storici, manterrebbe inalterato lo status quo finanziario per il futuro prossimo.
Per capire il fenomeno della diminuzione dei rendimenti dei depositi bancari, si può prendere come punto di riferimento l’andamento dei tassi proposti dalle banche dal 2007 ad oggi. Dieci anni fa i conti deposito erano più convenienti e quelli a tasso più proficuo erano associati a campagne pubblicitarie a volte martellanti. Ci si ricorderà ad esempio del Contro Arancio, il conto deposito di ING Direct, che nel 2008 arrivava ad offrire un tasso lordo del 4,75%, che saliva l’anno successivo al 5,50%; da quel momento, le rendite scendevano inesorabilmente: 4,20% nel 2011, 3,50% nel 2012, sotto il 3% l’anno seguente, per attestarsi infine all’attuale (e più modesto) 1,20%. Questo trend non ha interessato unicamente l’istituto olandese, ma ha caratterizzato gran parte delle banche dell’eurozona, modificano notevolmente le scelte dei risparmiatori europei.
Conto deposito: alcuni elementi da tenere in considerazione nella scelta
Occorre essere realisti: considerate le tendenze economiche attuali, i rendimenti dei prodotti finanziari probabilmente non saliranno di molto nei prossimi 2 o 3 anni a venire, per cui chi volesse investire i propri risparmi dovrà accontentarsi di rendite modeste, intorno all’1% o al 2% massimo per i conti deposito. Sarà comunque possibile imbattersi in offerte più vantaggiose, anche se sarà opportuno informarsi circa la salute della banca: i tassi più interessanti sul mercato nascondono a volte la sofferenza finanziaria dell’istituto di credito, che cerca così di attirare capitali aumentando in maniera artificiosa i rendimenti sui depositi. In un periodo di calma piatta come quello che stiamo vivendo in questi mesi, una banca che offrisse rendimenti superiori al 5% dovrebbe suscitare dei legittimi dubbi.
Al momento della scelta della banca, è opportuno informarsi sulla resa effettiva del deposito: il tasso pubblicizzato è infatti quello lordo, al quale vanno sottratte le imposte (pari al 26%) e i costi aggiuntivi, tutte spese che contribuiscono a diminuire il rendimento. Ad esempio, un tasso lordo del 1,40% potrebbe equivalere ad una resa netta di poco inferiore all’1%.
Nella maggior parte dei casi, la rendita è calcolata su base annuale, per cui occorre riflettere sull’orizzonte temporale di investimento: vale la pena vincolare 10000 euro per 12 mesi, al fine di ottenere un rendimento finale inferiore ai 100 euro, considerati i tassi medi e le imposte vigenti?
In questo caso, sarà utile sapere che alcune banche offrono dei conti deposito con interessi trimestrali, che potrebbero interessare i risparmiatori più inclini a disporre del proprio capitale con maggiore libertà. I detrattori dei conti deposito lamentano il fatto che i tassi d’interesse proposti dalla banche rimangano fissi con il passare del tempo e non si adattino all’inflazione (fatto che alla lunga diminuisce il valore del capitale depositato) ma nel contesto attuale, caratterizzato da tendenze deflazionarie, questo fenomeno non dovrebbe destare grosse preoccupazioni, almeno nel breve-medio termine.