Il neologismo Bailout è stato coniato per indicare un piano di recupero attuato con lo scopo di dare un sostegno finanziario ad una società oppure ad uno Stato che si trova ad affrontare una grave crisi economica. La realizzazione del Bailout può verificarsi mediate l’utilizzo di diversi strumenti come i prestiti, titoli, obbligazioni o contanti con conseguente ipotesi di rimborso da parte della società o dell’istituzione in difficoltà. Il termine si contrappone ad una situazione di Bail-in nella quale gli azionisti sono obbligati a partecipare, così come le istituzioni finanziarie, al piano di salvataggio. Un piano di questo tipo può essere utile qualora si desiderasse migliorare una società, effettuare un proficuo investimento o perché è l’unica alternativa ad una situazione che potrebbe creare seri problemi a livello socio-economico. Per entrare nel vivo della spiegazione sul significato del termine Bailout forniremo degli esempi ed una traduzione in riferimento all’intervento delle banche sul fallimento di un paese o di una società oppure dello Stato sulla crisi delle banche.
Traduzione del termine Bailout in italiano
Il termine Bailout può essere tradotto con il salvataggio di una istituzione (o di un paese) che si trova in uno stato di insolvenza per sopraggiunte difficoltà economiche. Spesso riferito al settore privato, il Bailout viene applicato alle banche e alle assicurazioni e, dunque, alle istituzioni finanziarie in quanto il ruolo rivestito da queste istituzioni è decisamente importante. Nello specifico, le banche gestiscono i pagamenti e supportano finanziariamente le imprese con la conseguenza che una interruzione di questa attività comporterebbe dei costi elevati per l’economia soprattutto in relazione agli intermediari con una rilevanza sistemica il cui fallimento causerebbe un effetto a catena coinvolgendo altri intermediari.
Possiamo trovare nella definizione di bail-out diverse tipologie di significato a seconda della modalità con cui viene gestita la crisi di un’azienda o di un paese. Poniamo il caso di una crisi di liquidità per una banca. Di solito, se l’istituto non ha più le risorse liquide necessarie per rimborsare i debiti, l’aiuto della Banca Centrale potrebbe essere sufficiente per uscire dalla crisi. Nel caso in cui la difficoltà economica sia legata ad una insolvenza per cui il valore totale delle attività risulti inferiore alle passività sarà necessario una garanzia dello Stato sulle passività della Banca. Lo Stato stesso, dunque, diventerà azionista con un processo di ricapitalizzazione. Nell’arco temporale che va dal 2008 al 2010 sono stati effettuati molti interventi di questo tipo sia in Europa che negli Stati Uniti d’America con la conseguenza di un aumento importante dei costi per i bilanci pubblici.
Un’altra possibilità in cui si può incorrere è il bailout per uno Stato sovrano che non riesce a finanziarsi sul mercato privato. Saranno altri Stati, unitamente ad istituzioni quali il Fondo Monetario Internazionale, ad aiutare lo Stato in difficoltà prestandogli fondi con lo scopo di evitare il default. Un esempio relativo a questa situazione riporta gli aiuti dei Paesi Europei volti a sollevare le sorti di Grecia, Irlanda e Portogallo negli anni 2010/2011. Tali aiuti hanno comportano la creazione di piani assistenziali ma sono stati accompagnati da problematiche legali a causa della presenza della “no bail-out clause” del Trattato sull’Unione Europea in base alla quale ogni Stato membro appartenente all’area euro non avrebbe potuto essere oggetto di salvataggio da parte degli altri Stati.
La realizzazione dei piani di salvataggio, invece, risulta determinante in alcuni casi soprattutto quando una crisi già presente in uno Stato o in un impresa potrebbe peggiorare con forti conseguenze a livello economico e sociale. Non solo gravi situazioni possono portare alla decisione di creare un piano di salvataggio. Può essere utile anche per far progredire o migliorare un’impresa come nel caso di un soggetto che per fronteggiare la perdita di una società che, per esempio, produce tessili decide di reinventare l’impresa organizzandola diversamente ed innovandola. I piani, poi, vengono creati su misura in modo da fornire l’aiuto necessario. Uno Stato che fonda la sua economia nazionale sul trasporto, ad esempio, si attiverà per attuare il salvataggio nei settori che includono le grandi compagnie di trasporti che si trovano nel vortice di una crisi economica. L’obiettivo è quello di evitare la formazione di importanti squilibri sociale che comporterebbero la perdita di un numero considerevole di posti di lavoro e causerebbero un impoverimento della popolazione.
Il dubbio che permane circa il salvataggio di alcune imprese rimane sulla reale necessità di aiutare società mal gestite e con un atteggiamento irresponsabile proprio a livello societario. Vale la pena esporsi con una operazione di bail-out in questi casi? Trovare una risposta univoca è difficile. Si nota, però, come nel ventesimo secolo in molte occasioni governi e banche sono intervenute per evitare un fallimento di una impresa. Una di queste occasioni riguarda l’intervento del Governo degli USA con un bailout nei confronti delle società finanziarie erogatrici di mutui subprime avvenuto nel 2008. Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha ideato un sistema di valutazione dei cittadini in base alla storia e all’affidabilità creditizia. Sono stati assegnati dei punteggi a seconda del rispetto degli obblighi verso i debitori. Nello specifico, il punteggio è compreso tra 300 punti (chi non ha una storia creditizia) e 850 punti. I debitori Subprime sono i pagatori con punteggio inferiore a 650 punti e dunque ad alto rischio e sono stati i destinatari dei mutui Subprime, prestiti rischiosi per le banche dato che la possibilità di insolvenza è elevata. Nel 2008 la crisi derivante dal crollo di questa tipologia di mutui delle società Countrywide, Lehman Brothers e Bear Stearns è stata risolta dall’operazione di Bail-out del governo USA che ha attuato uno specifico piano di salvataggio che prevedeva l’acquisto di 700 miliardi di dollari di asset tossici appartenenti alle società in crisi con una erogazione di quasi 426 miliardi alle istituzioni finanziarie.
Un’altra crisi economica risolta con questo piano di salvataggio è stata quella del settore automobilistico in relazione al calo di vendita delle auto di grossa cilindrata con una spesa superiore ai 17 miliardi di dollari rivolta all’aiuto delle compagnie automobilistiche Chrysler e General Motors.
Significato di Bailout per l’intervento delle banche in un fallimento
L’alternativa al fallimento spesso è un’operazione di Bail-out, un salvataggio che proviene dall’esterno contrariamente al Bail-in, aiuto dall’interno. Nel tempo, le politiche di salvataggio si sono modificate e hanno assunto nuovi aspetti passando dall’essere sostegni finanziari pubblici con scopo preventivo a diventare risorse più specializzate fungendo da ammortizzatori sociali erogati casualmente in base a pressioni politiche, clienterali e sindacali fino ad essere, oggi, forme integrate in una economia di mercato che stabilisce regole e condotte uguali per tutte le imprese e gli istituti.
La situazione negli anni ha visto utilizzare le politiche di salvataggio non solo da parte delle banche per salvare le imprese ma anche dai governi per salvare le banche stesse. Un esempio da riportare, che si collega al già citato caso dei mutui Subprime degli USA, sposta l’attenzione nel Regno Unito dove il Governo ha iniettato capitale all’interno di alcuni degli istituti maggiormente in difficoltà come RBS e Lioyds attraverso l’ideazione di un piano di protezione dei Titolo tossici. Gli istituti di credito ipotecario di difficoltà Northern Rock e Bradford&Bingley sono stati inseriti in un sistema di classificazione definito “good bank/bad bank” e i titoli deteriorati sono stati trasferiti a UK Asset Resolution controllata direttamente dallo Stato. Nello stesso tempo, la Bank of England ha messo a disposizione alcune liquidità immediate per risolvere problematiche collegate alla solvibilità.
Le conseguenze di una crisi economica e di un fallimento, se tale crisi non viene affrontata in tempo con un piano di salvataggio creato ad hoc, rischiano di essere deleterie per uno stato o per le imprese in difficoltà. La ricapitalizzazione è il modo che si è rivelato più efficace per dare il via ad una ripresa del paese o dell’impresa. Dove non avviene, come ad esempio in Italia, la situazione rimane di stallo se non volta ad un peggioramento. Le soluzioni nella nostra nazione sono state create per Monte dei Paschi e per le banche del Veneto ma con interventi di ricapitalizzazione non approfonditi né esaustivi.
I paesi Europei, tranne l’Italia, hanno effettuato i salvataggi prima dell’introduzione del bail-in ossia della norma per cui i costi di una crisi devono essere sostenuti dalla banca o dall’impresa stessa attingendo alle risorse in proprio possesso come asset, obbligazioni, titoli, ossia ai soldi dei risparmiatori. La nostra nazione non ha proceduto con la ricapitalizzazione perché le banche risultavano solide ed affidabili. In seguito, bail-in e Basilea 3 (che ha introdotto sistemi di controllo sulla solidità delle banche e stabilito norme sulla concessione dei prestiti) hanno reso il nostro sistema bancario più fragile (secondo quanto detto dal Presidente della Consob) quando invece il bail out sarebbe potuta essere una soluzione più vantaggiosa con la ricapitalizzazione delle banche legata ai fondi pubblici, alla banca centrale e alla Stato.